COSP-SHeC, il Centro interdisciplinare per la conservazione e la gestione sostenibile del patrimonio culturale e naturale

I disastri e le catastrofi sono naturalmente fonte di preoccupazione data la loro imprevedibilità, la potenziale portata dei loro effetti e l’incertezza riguardo alle loro conseguenze.

Secondo il report pubblicato dalla compagnia assicurativa Munich Re, i decessi attribuibili nel corso del 2017 alle catastrofi naturali e ai disastri causati dall’uomo sono più di undicimila, mentre le perdite economiche sono state pari a 306 miliardi di dollari (circa 256 miliardi di euro).

In Italia, la violenta intensità degli eventi calamitosi occorsi negli ultimi anni ha portato a focalizzare sempre più l’attenzione sul rischio naturale costante, al quale i nostri territori sono esposti. Un grave problema emerso, è sicuramente quello relativo alla fragilità del patrimonio artistico in caso di calamità.

Quello del patrimonio culturale, è un problema non indifferente, soprattutto in un territorio come l’Italia, massimamente esposto ai rischi naturali e custode del maggior numero di siti patrimonio dell’umanità riconosciuti dall’Unesco (53 in totale).

Infatti, secondo il rapporto ISPRA 2015 sul dissesto idrogeologico in Italia, sono 34.000 i beni culturali, soprattutto nelle regioni del centro-sud, ad essere a rischio frane (si parla dunque del 18% del patrimonio nazionale). A Nord invece, 29.000 beni culturali risultano essere a rischio alluvione. Mentre addirittura rischiano di sparire piccoli borghi antichi  come Orvieto, Todi, Certaldo, ai quali sono necessari continui interventi di ristrutturazione.

I siti storici costieri del Mediterraneo classificati come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO sono in gran parte a rischio di catastrofiche inondazioni e, a causa dell’aumento del livello marino dovuto al riscaldamento globale, nel corso di questo secolo le probabilità che ciò avvenga potrebbero salire fino al 50 per cento. A lanciare l’allarme è stato un gruppo internazionale di ricercatori su “Nature Communications”.

Purtroppo, tra le località maggiormente esposte al rischio vi sono fiori all’occhiello della penisola italiana come come Venezia, l’area archeologica di Aquileia, Ferrara e in parte Ravenna.

Dunque dei 49 siti Unesco costieri dell’area Mediterranea, il maggior numero di quelli esposti al rischio naturale sono Italiani (con ben 13 siti a rischio).

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Foto da Reimann, AVafeidis, Brown, Hinkel & S.J.Tol. 2018. Mediterranean UNESCO World Heritage at risk from coastal flooding and erosion due to sea-level rise. Nature Communications volume 9, Article number: 4161

 

Stesso problema è stato riscontrato durante il recente terremoto del centro italia dove oltre alla grave perdita di vite umane si sono aggiunti importanti danni causati al patrimonio culturale.

Come è possibile leggere dal sito del MiBAcT, dal 24 agosto 2016 si è provveduto alla messa in sicurezza di 952 beni immobili e sono stati recuperati quasi 17mila beni storico-artistici e archeologici, oltre 9.500 libri e più di 4.500 metri lineari di archivi.

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                      Report sima centro italia  – MiBAcT

 

Alla luce delle perdite causate dai disastri naturali nel territorio italiano, quello che è emerso risulta essere sicuramente  l’estrema vulnerabilità del patrimonio culturale materiale e di quello intangibile. Una vulnerabilità talmente elevata da produrre gravi danni anche in presenza di eventi calamitosi di modesta entità.

Questa situazione,  è stata fonte di discussioni e dibattiti riguardo alla natura e al valore dei beni culturali e delle politiche nazionali volte a proteggerli.

In Italia infatti, esiste un legame indissolubile tra cultura e ambiente, che porta il patrimonio culturale materiale e immateriale a giocare un ruolo fondamentale per uno sviluppo sostenibile, considerato come un principio del dovere comune universale della tutela dell’ecosistema.

Questi dati, mettono dunque in evidenza la stringente necessità di  pianificare interventi di difesa dei nostri beni. La salvaguardia dei patrimoni,  grazie al valore simbolico e di appartenenza ad essi insito, potrebbe dare l’opportunità di coinvolgere la popolazione in campagne di sensibilizzazione,  volte anche a sottolineare l’importanza di conoscere e rispettare l’ambiente nel quale i beni stessi sono custoditi.

Dunque, la salvaguardia del patrimonio culturale materiale e immateriale, e quindi di tutte quelle che possono essere le aree storiche, rurali e le conoscenze, potrebbe ridurre l’impatto ambientale della società, rendendo reciproco il rapporto tra patrimonio  culturale e ambiente, in modo che la tutela di uno sia funzionale per preservare l’altro.

Questa interrelazione è stata riconosciuta anche dalla comunità internazionale che ha manifestato la necessità di adottare un approccio integrato che miri a salvaguardare il patrimonio culturale e a favorire risultati concreti.  A tale proposito il 2018 è stato decretato l’anno europeo del patrimonio culturale e nel quadro di questo progetto, lo scorso Marzo, in occasione del Forum Europeo della Protezione Civile che si è tenuto a Bruxelles, è stato promosso uno studio con il fine di individuare una strategia comune per gestire l’ambiente in modo sostenibile e cercare dunque di preservare i patrimoni culturali. Secondo lo studio infatti, sono varie le singole iniziative locali portate avanti, ma che risultano essere poco efficaci senza il supporto di un coordinamento generale.

E’ proprio da queste riflessioni che nasce il Centre for Sustainable Heritage Conservation (COSP-SHeC ) il “Centro per la Conservazione Sostenibile del Patrimonio”.

Il centro istituito presso l’Università per Stranieri di Perugia, è stato il frutto del lavoro congiunto di undici cattedre Unesco del Programma UNITWIN/UNESCO Chairs, con il progetto comune di promuovere in Italia e all’ Estero, la conservazione e gestione sostenibile del patrimonio culturale e naturale attraverso la ricerca e la formazione.

 

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L’idea è dunque quella di istituire in Italia, con un diretto riferimento alla regione mediterranea, un polo di ricerca e formazione relativo alla protezione, conservazione e utilizzo sostenibile del Patrimonio naturale e culturale (tangibile e intangibile: edifici e monumenti storici, siti archeologici, centri urbani, territori e paesaggi culturali, espressioni orali, arti dello spettacolo, pratiche sociali).

Il centro si propone inoltre di fornire assistenza ed operare nella elaborazione e attuazione di piani e progetti per la gestione del territorio, delle risorse naturali, dell’ambiente, dei disastri naturali, delle risorse idriche, dello sviluppo sostenibile, in Italia ed all’Estero, con particolare riferimento agli interventi nei paesi in via di sviluppo e/o attualmente carenti di adeguate strutture tecnico-scientifiche.

Tra i primi obiettivi  del Centro delle Cattedre Unesco vi è dunque quello di creare un percorso formativo che superi la frammentazione teorica ed operativa attuale in tema di prevenzione e protezione del patrimonio dai fenomeni ambientali grazie anche alla progettazione ed attuazione di un “Intensive Program of Sustainable Heritage Management”, che verrà realizzato nella primavera del 2019.

Questi obiettivi sono stati sottolineati, nella giornata di apertura di Ecomondo, lo scorso 6 novembre 2018, in una tavola rotonda alla quale hanno partecipato, oltre ai Chairholder delle Cattedre Unesco, docenti e ricercatori italiani e stranieri, tra i quali il Prof. John Albertson della Cornell University (New York) e il Dott. Claudio Margottini, addetto scientifico presso l’ambasciata italiana del Cairo.

Molti sono stati i temi trattati durante l’iniziativa, ma si è posto l’accento sulla complessa situazione ambientale e climatica, enfatizzando la necessità d un’azione concreta che superi l’ormai consumata retorica ambientalista.

Per affrontare i rischi ambientali e sociali, in un contesto ormai ineluttabilmente globalizzato, SHeC pone il suo punto di forza nella promozione di sistemi integrati di ricerca, individuando nella ricostruzione di un solido legame tra sapere locali e coscienza globale la possibile soluzione. Per fare ciò si propone di riformulare non solo le metodologie di ricerca, ma anche i metodi di formazione dei futuri quadri, operando in una direzione verso la quale ormai le vecchie istituzioni formative non riescono ad andare, promuovendo progettualità e combattendo la frammentazione dei saperi attraverso la collaborazione transdisciplinare.

Come è stato analizzato, molte volte problemi di portata internazionale come ad esempio i problemi legati al cambiamento climatico, faticano ad essere definiti e fronteggiati a livello locale,  dunque quello che si propone il centro SHeC, è di valorizzare il patrimonio ambientale anche nel suo contesto locale, riconoscendogli la sua funzione cruciale in materia di sostenibilità ricerca e innovazione.

I beni culturali tutelati dall’Unesco devono perciò rappresentare il punto di partenza dal quale progettare la realtà territoriale, soprattutto urbana, utile ad affrontare le sfide che la globalizzazione e il territorio pongono. L’ambiente urbano infatti, rappresenta innegabilmente una costruzione sociale generatrice di identità e consapevolezza, elementi fondamentali per arrivare allo sviluppo di responsabilità culturale ed ambientale.

Ed è in questo modo che la salvaguardia del patrimonio culturale viene considerata come un fattore cruciale per promuovere modelli di sviluppo più sostenibili, rappresentando il trait d’union tra sapere locali e comunità globale e incentivando dunque lo sviluppo di un nuovo umanesimo che superi le barriere culturali, territoriali e disciplinari.

 

 

 

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